In questo post vorrei parlarti della Realtà Virtuale (VR): ti dirò che cosa è, descriverò le sue caratteristiche
e ti illustrerò, con delle immagini, alcuni dei dispositivi che permettono di poterla vivere. Una definizione di VR
da un punto di vista tecnologico, viene fornita in un articolo del 2007 da
Giuseppe Riva, psicologo tra i massimi esperti a livello italiano e
internazionale di questo tema: molto semplicemente, essa consiste in “strumenti di input”, predisposti per
acquisire informazioni sulle azioni del soggetto e integrate poi dal computer,
e da “strumenti di output”, ossia i
device che restituiscono alla persona il mondo virtuale, composto il più delle
volte da stimolazioni visive e sonore e, in alcuni casi anche gustative e
olfattive (se non credi che un odore possa essere sperimentato in una VR,
guarda questo link: http://www.focus.it/natura/realta-virtuale-molto-reale).
In base a queste poche semplici
constatazioni, ti sarai reso conto del motivo per cui si chiami “realtà” e non
“illusione” virtuale! Se non avesse un certo qualcosa che la rende così
tangibile e concreta per i nostri occhi, forse non sarebbe stata chiamata così. Naturalmente, non basta solo un insieme di sensazioni a rendere
un aspetto virtuale reale. Allora, che cos'è che rende così reale questa
esperienza? Tu puoi sentire l’odore di prosciutto mentre stai mangiando
un panino imbottito e guardando un video su YouTube, ma sai benissimo che quel video
non ti dà quella sensazione di “reale”. Sono lo stesso Riva e i suoi collaboratori a formulare un'interessante considerazione in merito a ciò:
è il “senso di presenza” la variabile che dà risposta alla questione della percezione di realtà da parte di una persona. Molto semplicemente, il senso di presenza è il
sentire se stessi presenti durante l’esperienza di VR. Ti sarà capitato,
delle volte, sentirti più presente in una determinata situazione che in un’altra.
Quando ti annoi e la tua mente inizia a vagare nei meandri dei suoi pensieri ti
senti meno presente nella realtà rispetto a quando sei immerso in un qualcosa,
magari un’attività per te piacevole. In quest’ultimo caso, non mi stupirebbe se tu
dicessi che eri "presente con tutto te stesso". Il costrutto del senso di
presenza fa proprio riferimento a questo. Esso è generato dal rapporto fra componente percettiva, ad esempio tattile
o visiva, e la componente interattiva, data dal fatto che la persona
all’interno dell’ambiente virtuale compie delle azioni in modo tale da definire
la propria esperienza interiore. Secondo Riva e colleghi, è proprio il senso di
presenza a fare da ponte fra il pensiero (la “cognizione”, per usare le parole
degli psicologi), relativo alla programmazione e controllo dell’azione in
risposta a determinate condizioni ambientali, e la volontà (la “volizione”),
che riguarda il controllo e l’esecuzione dell’azione in base ai bisogni e
obiettivi delle persone. Non voglio, comunque, trascinarti in un discorso
troppo tecnico, pertanto ora vorrei parlarti dei vari tipi di VR. Ne esistono
tre:
· Realtà virtuale immersiva.
Una VR è immersiva quando, appunto, “immerge”
la persona al suo interno, in modo tale da creare “assorbimento e isolamento
sensoriale nell’ambiente tridimensionale generato dal computer” (per usare le
esatte parole di Riva). Tale isolamento può essere generato da diversi strumenti:
un casco, capace di visualizzare un ambiente generato al computer, e dei
sensori di posizione, che rilevano i movimenti della persona. L’immagine qui
sopra è stata tratta da uno studio sulla cura della depressione con la VR (se
vuoi informarti meglio in merito a questa ricerca, ti lascio questo link: http://www.tecnoandroid.it/2016/02/18/realta-virtuale-curare-la-depressione-con-un-avatar-165540).
· Realtà virtuale non immersiva.
È la realtà a cui immagino che tu sia
più abituato a pensare. Al posto del casco è presente un monitor o
videoproiettore; per ottenere una visuale in modalità stereoscopica servono
appositi occhiali.
· Realtà virtuale semi-immersiva.
In questo tipo di VR l’ambiente
virtuale viene retroproiettato e sostituisce le pareti di una piccola stanza (guarda
l’immagine qui sopra per capire cosa intendo).
Se le caratteristiche della VR
semi-immersiva vengono abbinate a quelle della VR immersiva, ecco allora che si
possono ottenere realtà simili a quelle implementate dall’Istituto Auxiologico
di Milano (con questo link, potrai scoprire quanto sia interessante quello di
cui di sto parlando: http://www.auxologico.it/2016/06/nasce_l_era_della_cybertherapy_in_medicina/),
nel quale è possibile sperimentare una Telepresenza Immersiva Virtuale (TIV).
Sei curioso di sapere ora come la
Realtà Virtuale entri in gioco in psicologia? Non devi far altro che aspettare
domani per gli aggiornamenti!
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